Con l'atto di abdicazione firmato dal padre nel settembre 1730, Carlo Emanuele III, da poco compiuti i 29 anni, diventa sovrano
del Regno di Sardegna.
Passò l'infanzia nell'ombra del fratello maggiore che era l'erede al trono e al quale andavano tutte le cure esclusive del
padre; a lui non fu neanche impartita una educazione appropriata, non veniva preso in considerazione.
Alla morte prematura del fratello si cercò in fretta e furia di impartirgli le lezioni necessarie per il futuro ruolo di
governo, ma il padre continuava ad avere nei suoi confronti una scarsa considerazione e cercò di imporgli un severo
controllo.
Il primo anno di regno fu assai difficoltoso, col costante assillo dei propositi sempre più insani del padre, che a un
certo punto pareva deciso a riprendere il comando. Carlo Emanuele fu di fatto costretto ad imprigionare il padre.
Nonostante le premesse, il suo governo, che durò fino al 1773 e fu uno dei più lunghi della storia dei Savoia, aiutato
anche dai validi uomini che già erano al servizio del padre, fu preciso e coscienzioso.
Fu un re burocrate ed estese l'austerità del suo stile di vita anche alle finanze statali, cercando di consolidare il
dominio. Molto religioso, nel 1737 sposò Elisabetta Teresa di Lorena, cercando così di riallacciare i rapporti con
l'Austria e mantenere un equilibrio di rapporti con le potenze europee.
Il suo fu un regno di pace, sia nelle campagne che a corte. Per controllare meglio la nobiltà egli attirò alla sua corte
i nobili più potenti, a cui spettavano i primi posti nella gerarchia, lasciando però anche ampio spazio alla nuova
nobiltà, proveniente in genere dagli uffici amministrativi della monarchia.
La struttura burocratica impiantata da Carlo Emanuele fu molto efficiente grazie alla scelta di nuovi uomini molto
validi e capaci. Uno dei problemi più gravi rimaneva il rapporto col la Chiesa ed il Papato, ma riuscì ad intraprendere
buone trattative in seguito all'arresto dell'esule meridionale Pietro Gìannone.