Ad inizio del Trecento si interrompe la precedente fase di espansione economica ed incremento demografico che durava ormai da
circa tre secoli.
La causa prima è dovuta alla economia, quasi esclusivamente agricola e del tutto inadeguata, in cui i terreni sfruttati all'eccesso
per far fronte al carico demografico si impoverirono progressivamente, provocando una serie di carestie con conseguente malnutrizione.
Oltre alla malnutrizione, un altro fattore favorevole alla diffusione delle malattie fu costituito dalla scarsità delle
condizioni igieniche. L'igiene è davvero pessima, nonostante i ripetuti tentativi dei magistrati comunali di contenere tale gravità
imponendo varie norme statutarie.
La crisi vera e propria ha il suo culmine verso la metà del Trecento, quando scoppia la gravissima "Peste nera", i cui focolai
dureranno circa un secolo e provocheranno ovunque una drastica riduzione della popolazione, con perdite del 30 ed a volte anche del 50%.
Il morbo è giunto dall'Oriente e si manifestava con una violenza inaudita e con altissimi tassi di mortalità. Contro di essa
l'allora scienza medica era inerme: non si sapeva come combatterla, anzi non si sapeva neanche da cosa fosse causata.
Si ritenne che il veicolo di trasmissione della malattia fosse l'aria, corrotta dall'inquinamento dell'atmosfera. Si arrivò
addirittura ad affermare che tale inquinamento fosse provocato dagli "Untori", di cui furono accusati gli Ebrei e fatti oggetto
di feroci persecuzioni.
Secondo le statistiche, a cavallo tra Trecento e Quattrocento le epidemie si susseguirono ad un ritmo incalzante di una nuova
epidemia ogni due anni. E poco importa che si trattasse di vera peste in una delle sue varie forme (bubbonica, polmonare, ecc.)
o di altra terribile malattia contagiosa non ben identificata: le conseguenze furono disastrose.