La maggior parte delle terrre coltivate era destinata alla semina di varie granaglie, in particolare frumento, segale ed orzo.
La resa era piuttosto bassa e, specie per le piccole proprietà in conduzione, una volta detratto la quota per il pagamento
dell'affitto, quella per la prossima semina e quella per uso proprio, rimaneva ben poco da mettere sul mercato.
Un notevole spazio era poi riservato alla viticultura, dato che il vino era una bevanda massicciamente diffusa, in tutti i
ceti della società. Una particolare forma di coltivazione, che si diffuse poi ampiamente nel tardo Medio Evo, era l'alteno:
nato per contrastare le gelate invernali, costituiva una specie di unione tra vite ed alberi, permettendo una maggior
distanza dei tralci dal terreno.
Una coltura alternativa alla vite, specie per i piccoli appezzamenti, era quella della canapa. Il materiale tessile
prodotto veniva usato per le proprie esigenze ed in parte era destinato al mercato, sotto forma di fibra, di filato
oppure di tessuto finito, assicurando un piccolo utile.
Infine, una piccola parte dei terreni era destinata ad uso foraggiero, come alimento per il bestiame. Fin verso il secolo
XIV si allevavano in particolare gli ovini, che richiedevano una quantità di foraggio minore rispetto ai bovini.
L'allevamento delle pecore garantiva latte, formaggi, lana e, alla fine, anche carne.
In seguito, verso la fine del XIII secolo, l'aumento demografico, con la conseguente maggior richiesta di alimenti, unito
ad una ancora imperfetta applicazione dei cicli di rotazione nella coltivazione dei campi, portò ad un progressivo
esaurimento dei terreni, con conseguenze catasfrofiche che portarono ad una generale denutrizione ed alla diffusione
di molteplici malattie.