In un giardino abbandonato alle api e alle serpi, un rosaio metteva rose bellissime. Ma intorno era tale intrico di arbusti,
ortiche, rampicanti, che nessuno poteva cogliere di quei fiori.
Un giorno una serpe, giovane e avventurosa, staccò una di quelle rose e, tenendola in bocca, uscì sulla strada pensando:
"Voglio vedere se il mondo può passare vicino a tanta bellezza senza voltarsi".
In un cantuccio d'ombra, dove un ciuffo d'erba toccava l'asfalto, la serpe si fermò. Il fiore ardeva del suo colore, come un lume
più forte della luce del giorno.
Passò un carrettiere e allungò la mano per prenderlo, ma la ritrasse scottato, e pieno di ribrezzo:
"Una serpe!" disse, e frustò il cavallo.
Passò una donna che andava al mercato. Vide la rosa, volle raccoglierla ma, vedendo la serpe, fuggì inorridita.
La serpe pensava: "Gli uomini non riconoscono la bellezza. Oppure hanno paura degli spini. Essi sono vili".
Passò una mamma con un bambino in braccio. Il bimbo volle avere per sè il fiore; la mamma si chinò e lo raccolse dalla bocca della serpe.
La serpe, strisciando, tornò al suo covo e raccontò alle creature del giardino abbandonato come erano andate le cose.
Un vecchio gufo, nascosto in un cipresso, alla fine sentenziò:
"Il vero amore non teme nè il veleno, nè gli spini. Ha il coraggio dell'innocenza".
(R PEZZANI)